Ubicazione sepoltura: IV ampliazione area centrale
Consiglio furbo: utilizzando l'applicativo Artivive, inquadra la sfinge per ascoltare la voce del personaggio che custodisce (preferibilmente utilizzando gli auricolari).
La curiosità è il miglior motore di ricerca. Ascolta la voce capace di far tremare i lampadari dei teatri mentre verrà raccontata la sua storia, andando al fondo della pagina.
Guarda su youtube
Francesco Tamagno fu uno degli artisti più celebri della lirica italiana del secondo Ottocento, riconosciuto e richiesto in tutto il mondo. L’imponente mausoleo bianco candido che domina il campo delle Mezzelune cela le umili origini del tenore italiano. Francesco, chiamato scherzosamente “chichin” (fagiolo o pidocchio in piemontese) nasce il 28 dicembre 1850, nell’umile quartiere di Borgo Dora. Il piccolo chichin aveva ben 14 fratelli, 10 dei quali però morirono tragicamente a causa del colera e della tubercolosi, pandemie che furono conseguenza della guerra avvenuta nel 1859.
Francesco fu uno dei cinque figli sopravvissuti, e come i suoi fratelli, fece il cameriere nell’umile trattoria di famiglia, conosciuta con il nome di “Trattoria dei pesci vivi”, perché si affacciava sulla riva del Dora in cui i pesci si pescavano sul momento. Il primo palco su cui si esibì chichin fu proprio la trattoria di famiglia, dove padre e figlio, appassionati del buon canto, si cimentavano in gare canore.
Le scarse condizioni economiche non gli permisero un’istruzione musicale colta; perciò, Francesco prese a cantare nel coro della chiesa e frequentò le lezioni di un maestro una volta a settimana.
Il vento soffiò a suo favore nel 1871, quando il primo tenore del Teatro Regio di Torino si ammalò, e Francesco, che all’epoca aveva soli 21 anni, venne scelto come sostituto. I presenti testimoniarono che la sua voce era talmente poderosa da “far tremare i lampadari del Regio”. Da questo momento in poi Tamagno colleziona successi in tutte le sue tappe in giro per l’Italia.
A partire dal 2 settembre 1879, Tamagno fu accompagnato nei suoi tour da una graziosa piccola accompagnatrice, la sua unica e amata figlia Margherita, nata da una relazione clandestina con una nobildonna sposata. Per questo motivo Tamagno decide di riconoscere la figlia e diventare ‘ragazzo padre’, una scelta molto moderna per i suoi tempi. A sua figlia dedicò tutto il suo amore, promettendo che lei sarebbe stata la sola creatura che avrebbe amato con tutta la sua anima. I due erano, infatti, inseparabili.
Tamagno acquisisce una fama internazionale grazie all’incontro propizio con il celebre compositore Giuseppe Verdi. L’Otello di Verdi, di cui sarà primo protagonista, diventò il suo cavallo di battaglia, con il quale raggiunse il Teatro della Scala di Milano nel 1887. Prima di affidargli l’opera, Verdi disse francamente a Tamagno che non gli ispirava particolarmente fiducia, ma Tamagno gli chiese prontamente di metterlo alla prova, consapevole del fatto che molti artisti avevano più talento di lui, ma nessuno aveva più cuore di lui.
Nonostante da questo momento in poi Francesco avesse un cachet stellare, visse sempre in modo piuttosto frugale, al punto che, secondo alcuni, avrebbe potuto meritare un posto nel girone dedicato agli avari di Dante. Si racconta che Tamagno, per risparmiare, fosse in grado di portare da casa le candele per evitare di pagarle ad un prezzo più alto. In realtà Tamagno era anche molto generoso, infatti, dispose in vita e in morte laude donazioni a favore di enti caritatevoli. Non sdegnava neanche i bei regali, come il portafoglio ricoperto di diamanti e rubini che possedeva e conservava gelosamente.
Prima che l’arte lo lasciasse, Tamagno lasciò l’arte nel 1898 a causa di alcuni problemi di salute. Fu colto prima da un attacco di angina pectoris o dolore retrosternale, nella primavera del 1905, e infine nello stesso anno fu colpito mortalmente da un’emorragia celebrale. La figlia Margherita rimase con lui fino al suo ultimo respiro. Francesco Tamagno si spense all’età di soli 54 anni. Fu imbalsamato e portato a Torino, come aveva disposto lui stesso, per essere sepolto accanto ai suoi amati genitori. Margherita fece erigere l’imponente mausoleo che domina dall’alto il cimitero grazie ai suoi 38m di altezza, il quale costò quasi quanto tutta la zona del Primitivo del cimitero stesso. I lavori si protrassero per lungo tempo, dal 1906 al 1912. Il bianco sfavillante è dovuto all’uso quasi esclusivo di candido marmo bianco che caratterizza anche le enigmatiche sfingi messe a guardia del portale d’accesso. Durante una notte tempestosa il mausoleo fu colpito da un fulmine, e una delle due sfingi fu decapitata. I costi del restauro che ne conseguirono, fecero si che gli eredi di Tamagno lasciassero la manutenzione del mausoleo a carico del Comune di Torino nel 1999, per conservare la memoria di una delle voci più appassionate e poderose della lirica italiana.
Fonti biografiche sitografia:
• https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Tamagno
• https://www.lacivettaditorino.it/il-tenore-francesco-tamagno-e-il-suo-mausoleo-parte-1/
• https://www.lacivettaditorino.it/il-tenore-francesco-tamagno-e-il-suo-mausoleo-parte-2/
(Testi, ricerca iconografica e multimediale della Dott.ssa Sara Clemente, laureanda in Storia dell'arte all'Università di Torino)