Tomba Fumaroli

Tomba Fumaroli

Filippo Severati, pittore (Roma 4 aprile 1819 – 14 agosto 1892)
Quadriportico, braccio destro, arcata XXXIII

“Ritratti della famiglia Fumaroli”, n.6 dipinti (Filippo Severati)

Il monumento sepolcrale della famiglia Fumaroli è tra i più interessanti del Quadriportico. La struttura insolita ed elegante, che richiama modelli di arte funeraria dell’antichità, del tipo delle tombe a tholos, è arricchita da decorazioni in ghisa, con evidente riferimento all’attività della famiglia, proprietaria della fonderia omonima. Cionondimeno l ’impiego in forme auliche e all’antica di un materiale povero e industriale come la ghisa è un precoce esempio di quel processo di nobilitazione e affinamento delle arti applicate e industriali che avrebbe ispirato l’istituzione nel 1874 del Museo Artistico Industriale. La tomba è arricchita da ben sei ritratti di Severati, che attraversando la dinastia della famiglia romana, proprietaria della fonderia omonima specializzata nel settore dell’illuminazione a gas, offrono una panoramica delle trasformazioni del vestiario e delle acconciature lungo l’Ottocento: dagli abiti di inizio secolo con cui viene rappresentato il capostipite Pietro Fumaroli a quelli moderni pre-novecenteschi del giovane Francesco, «martire del lavoro» morto diciannovenne nel 1882.

Il pittore Filippo Severati (Roma 1819-1892) è autore di più di duecentocinquanta ritratti eseguiti con questa tecnica ceramica, di cui più della metà sono conservati - per la maggior parte in buono stato di conservazione - nel Cimitero Monumentale del Verano. Si tratta di opere realizzate con una tecnica innovativa il cui brevetto "sulla pittura a fuoco su supporto di porcellana e lava vulcanica" è ancora conservato presso l’Archivio di Stato.
L’unica opera religiosa dell’artista presente al Verano è la tomba Rognetta, liberamente tratta dalla Madonna della Seggiola di Raffaello, di cui Severati fu abile copista.

Infatti, il pittore e disegnatore, accademico di San Luca e allievo di Tommaso Minardi, partecipò a una campagna di traduzione in grande formato dei dipinti raffaelleschi nelle Stanze Vaticane. Severati fu prescelto dalla stessa commissione della Calcografia per la sua capacità di riprodurre i minimi dettagli e di cogliere appieno lo stile del maestro urbinate. I disegni dal vero, conservati ancora oggi all’Istituto Nazionale della Grafica, sono databili fra il 1852 e il 1864 e riproducono in copia “L’incontro di Attila e Leone Magno”, “Il monte Parnaso”, “San Pietro in carcere” e “La Scuola di Atene”.
La sua attività di pittore si svolse principalmente al Verano. La tecnica esecutiva dei suoi ritratti è definita dallo stesso Severati "in smalto su lava". Il supporto di origine vulcanica (probabilmente la "basaltina" proveniente dalla zona di Viterbo) era preparato con un stesura bianca di un certo spessore contenente ossidi di stagno, come era tipico nei rivestimenti ceramici, con lo scopo di fornire alla base argillosa un fondo coprente per la pittura; tale stesura viene utilizzata talvolta a risparmio per le campiture bianche. Su questo fondo venivano poi stesi i colori, anch'essi a base di ossidi, in grado di fondere durante la cottura assumendo una colorazione stabile. Il supporto con i diversi colori, stesi in successive fasi, veniva posto in un contenitore di materiale refrattario in un forno a carbone o legna e, con successive cotture a sempre minore temperatura, portato a finitura. Il procedimento adottato dal Severati è paragonabile a quello della ceramica, con conseguenti caratteristiche di resistenza e durevolezza che hanno consentito l'esposizione della maggior parte delle sue opere in ambiente esterno senza subire particolari danni.
Il primo dipinto eseguito in smalto su lava risale al 1863, ed è l'autoritratto sulla tomba Severati che raffigura l'artista con la tavolozza accanto al ritratto dei genitori. Alla base compare l'iscrizione: "Primo ritratto eseguito in Roma in smalto sopra lava. Tal genere di pittura è utile per la durata, si può unire alla scultura".
Le realizzazioni del Severati hanno saputo tramandare non solo le effigi delle persone ritratte con una vivezza straordinaria, ma anche i segni di un periodo storico, di un ambiente sociale, attraverso i piccoli dettagli dei vestiti o dei gioielli, segno inequivocabile dei tempi.
Nella tomba di Maria Mucci è l'autore stesso a lodare il metodo pittorico. Il ritratto della donna porta infatti la scritta: "Spero di vedere principiata la riproduzione del classici dipinti e la storia Patria, con questa pittura inalterabile. Così si eternano le glorie mondiali dell'Italia. Fra le più utili e meravigliose scoperte del nostro secolo, si può annoverare anche questa pittura".
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