Tomba De Belardini

Tomba De Belardini

Luca Carimini, architetto e scultore (Roma 4 maggio 1830 - 14 dicembre 1890)
Quadriportico, braccio destro, arcata XVII

Tomba De Belardini (Luca Carimini, 1864-7)

Il monumento rappresenta una delle prime prove di Luca Carimini, tra le numerose opere che firmò al Verano. La ricchezza – a tratti sovrabbondante - della decorazione, con racemi, girali di vite e con il tondo donatelliano della “Madonna con Bambino” denota non solo lo studio filologico dei prototipi neorinascimentali, ma anche la grance capacità di trattare il marmo.

Avviato giovanissimo al mestiere di scalpellino, nel 1846 Luca Carimini lavorava da Pietro Romaggi, considerato il migliore marmista di Roma del momento. Nel 1850 lo zio materno, Baldassarre Bellucci, capomastro imprenditore, gli aprì una bottega di scalpellino facendolo collaborare ai propri lavori.
Contemporaneamente Carimini frequentava la scuola di ornato e poi pure la scuola di pittura e scultura all'Accademia di S. Luca. Nel 1868 l'Archiginnasio della Sapienza lo riconobbe architetto in seguito alla segnalazione della commissione di esami dell'accademia, nella quale fra gli altri era Virginio Vespignani.
Con l'inizio dell'attività di architetto e i molti lavori su grande scala, consolidò la sua fama di accurato costruttore, lavorando non solo in Italia, ma anche all'estero, soprattutto in Sudamerica.
Già i primi lavori da architetto, come il restauro della chiesa di S. Maria di Loreto al Foro Traiano e la nuova sacrestia, in collaborazione con G. Sacconi (1871), mostrano chiaramente la sua abilità ad utilizzava l'esperienza accumulata come base sulla quale sviluppare la ricerca architettonica.
La professione di scalpellino rappresenta infatti la matrice di tutta la sua opera architettonica: l'uso sincero dei materiali diviene la logica conseguenza di una simile impostazione. Il repertorio tipologico quattrocentesco, indagato soprattutto nell'architettura minore e nel dettaglio, che gli era servito per i monumenti e le cappelle sepolcrali, gli fornì specifici strumenti formali che seppe sfruttare nella struttura generale della composizione, Il Quattrocento è così letto, e assunto, in elementi tipizzati, che vengono composti in maniere diverse e originali.
I temi portati avanti dal C. nella sua ricerca divengono espliciti nella ricostruzione a Roma della chiesa di S. Ivo dei Brettoni, in via della Campana, e ancora di più nel convento delle suore di Cluny in via Leonardo da Vinci (1884-1890), dove i risultati vanno oltre un semplice eclettismo di maniera. La ricchezza plastica, unita alla grande cura dei problemi tecnologici e costruttivi, rivela il corretto professionalismo proprio dell'architettura eclettica romana della seconda metà dell'Ottocento. L'uso della pietra, generalmente il travertino, e del mattone, accostati in una rigorosa composizione, rende questi edifici formalmente impeccabili ed esprime la precisione della pratica artigianale. La vicenda di Carimini si chiude con il progetto del palazzo di Giustizia a Roma (1882), incarico commissionatogli direttamente ma poi revocato; la costruzione ideata, un pesante edificio quadrato con una alta torre al centro, è molto complessa e non raggiunge certo la compiutezza di altre opere. In realtà il metodo di Carimini si fonda su di un rigore artigianale e trova una naturale espressione in edifici piccoli o di medie dimensioni.
Numerose oltre la tomba D’Amico, i monumenti del Carimini al Verano: Tommasi, Bracci, Palagi, De Belardini, Venier, Marignoli, Masatti, Paris, Sorgi, Garofoli, Lasagni, Palomba, De Bernardi, Freyd, Rezzi, Lobin, Santini (tutti databili fra il 1858e il 1873). A questi si aggiungono le cappelle Chiesi, Avenoli, Decetto, Cavaceppi, Cassetta, Vannutelli, Lais, Carimini, D'Arcangeli, Blumensthil, della comunità dei francesi del Sangue sparso, dei padri scolopi.



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