Quadriportico, braccio destro, varco di uscita carrabile
Giuseppe Capogrossi, dopo una laurea in giurisprudenza conseguita per assecondare la madre, decise di dedicarsi esclusivamente alla pittura grazie all’appoggio dello zio, il padre gesuita Pietro Tacchi Venturi. Entrò presto in contatto con Scipione e Mafai e, dopo un soggiorno a Parigi (1928-1933), diede vita insieme a Cagli, Cavalli e Melli, alla cosiddetta École de Rome. Al periodo figurativo dell’artista appartiene il "Ritratto muliebre" (1931 ca.), conservato presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nel 1949 passò all’astrattismo, partecipando con Ballocco, Burri e Colla al Gruppo Origine e firmando il VI manifesto spazialista (1953) con Fontana, Crippa e Dova. In quegli anni eseguì la serie "Superficie": composizioni in cui si dispongono, in una tessitura grafica variabile, segni costanti di elementare semplicità. A questo modulo costante si riferisce la dedica dello storico dell'arte Giulio Carlo Argan, incisa sulla lapide: "Nell'unico segno / significati infiniti / nell'arte come nella vita".