Tomba Busiri Vici
Andrea Busiri Vici, architetto (Roma il 7 gennaio 1818 - 12 novembre 1911)
Vecchio Reparto, riquadro 3
Si dedicò dapprima alla pittura, sotto la guida di Giovanni Silvagni, ma seguì quindi gli studi di architettura e ingegneria, laureandosi nel 1844 all'università della Sapienza. Tenente del genio pontificio, nel 1849 non volle prestare giuramento alla Repubblica romana. Nel corso della sua lunga esistenza, ebbe modo di fare varie esperienze stilistiche, dal secondo neoclassicismo al neorinascimentale, al neogotico, al cosiddetto umbertino, mantenendosi costantemente a un livello sobrio e razionalmente avanzato. Per oltre un quarantennio fu architetto della famiglia Doria. Nel 1859 progettò l'arco trionfale dopo l'ingresso della villa sul Gianicolo, al posto del casino dei Quattro Venti, andato distrutto nei combattimenti del 1849.
Come primo architetto della Fabbrica di S. Pietro, eseguì importanti opere, tra le quali si ricordano il palazzo della Dataria apostolica sulla salita dell'omonima via presso il Quirinale (1860); e il penitenziario di Civitavecchia (1857); il monastero e la cappella votiva annessi alla basilica di S. Agnese in via Nomentana (1855); La chiesa di S. Vincenzo de' Paoli (1893-95), presso piazza Bocca della Verità, a tre navate con 12 colonne per lato, e altrettante al piano superiore, è di gusto romanico, ma in un'interpretazione eclettica non solo per il doppio, e fino allora insolito, ordine d'arcate, ma per l'introduzione delle volte a crociera ribassata a sostegno dei matronei e per l'architettura dell'abside, nella quale si aprono alte finestre lombardesche. Monumentali le cappelle sepolcrali al Verano per la Congregazione di Propaganda Fide (1888) e per l'Ordine dei domenicani, entrambe costruite in travertino e cortina di mattoni.
Tra i suoi progetti non realizzati merita particolare menzione quello relativo ai restauri che si sarebbero dovuti eseguire nella basilica di S. Giovanni in Laterano e prevedevano il trasporto dell'intera abside costantiniana, pericolante, per conservarla intatta. Con questa proposta egli anticipava i moderni criteri di restauro, intesi alla scrupolosa conservazione dei monumenti senza innovazioni e completamenti ad arbitrio dei singoli architetti. La demolizione della antica abside e la distruzione di importanti memorie romane e medievali in seguito ai lavori eseguiti nel 1884 dall'architetto Vespignani furono argomento di un suo scritto polemico.
Al contempo, quale presidente dell'Accademia di S. Luca, sostenne le necessità dello sviluppo della città, divenuta capitale d'Italia, nel mezzo della polemica a mezzo stampa, originata dal grido d'allarme che gli rivolse Gregorovius nel 1886, perché cessassero le devastazioni che si andavano compiendo a Roma.
Andrea Busiri Vici, architetto (Roma il 7 gennaio 1818 - 12 novembre 1911)
Vecchio Reparto, riquadro 3
Si dedicò dapprima alla pittura, sotto la guida di Giovanni Silvagni, ma seguì quindi gli studi di architettura e ingegneria, laureandosi nel 1844 all'università della Sapienza. Tenente del genio pontificio, nel 1849 non volle prestare giuramento alla Repubblica romana. Nel corso della sua lunga esistenza, ebbe modo di fare varie esperienze stilistiche, dal secondo neoclassicismo al neorinascimentale, al neogotico, al cosiddetto umbertino, mantenendosi costantemente a un livello sobrio e razionalmente avanzato. Per oltre un quarantennio fu architetto della famiglia Doria. Nel 1859 progettò l'arco trionfale dopo l'ingresso della villa sul Gianicolo, al posto del casino dei Quattro Venti, andato distrutto nei combattimenti del 1849.
Come primo architetto della Fabbrica di S. Pietro, eseguì importanti opere, tra le quali si ricordano il palazzo della Dataria apostolica sulla salita dell'omonima via presso il Quirinale (1860); e il penitenziario di Civitavecchia (1857); il monastero e la cappella votiva annessi alla basilica di S. Agnese in via Nomentana (1855); La chiesa di S. Vincenzo de' Paoli (1893-95), presso piazza Bocca della Verità, a tre navate con 12 colonne per lato, e altrettante al piano superiore, è di gusto romanico, ma in un'interpretazione eclettica non solo per il doppio, e fino allora insolito, ordine d'arcate, ma per l'introduzione delle volte a crociera ribassata a sostegno dei matronei e per l'architettura dell'abside, nella quale si aprono alte finestre lombardesche. Monumentali le cappelle sepolcrali al Verano per la Congregazione di Propaganda Fide (1888) e per l'Ordine dei domenicani, entrambe costruite in travertino e cortina di mattoni.
Tra i suoi progetti non realizzati merita particolare menzione quello relativo ai restauri che si sarebbero dovuti eseguire nella basilica di S. Giovanni in Laterano e prevedevano il trasporto dell'intera abside costantiniana, pericolante, per conservarla intatta. Con questa proposta egli anticipava i moderni criteri di restauro, intesi alla scrupolosa conservazione dei monumenti senza innovazioni e completamenti ad arbitrio dei singoli architetti. La demolizione della antica abside e la distruzione di importanti memorie romane e medievali in seguito ai lavori eseguiti nel 1884 dall'architetto Vespignani furono argomento di un suo scritto polemico.
Al contempo, quale presidente dell'Accademia di S. Luca, sostenne le necessità dello sviluppo della città, divenuta capitale d'Italia, nel mezzo della polemica a mezzo stampa, originata dal grido d'allarme che gli rivolse Gregorovius nel 1886, perché cessassero le devastazioni che si andavano compiendo a Roma.
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