Quadriportico
Virginio Vespignani, architetto (Roma 12 febbraio 1808 – 4 dicembre 1882)
L’area che corrisponde attualmente al cimitero del Verano è adibita a luogo di sepoltura da almeno venti secoli, come testimonia l’esistenza delle antiche catacombe di Santa Ciriaca. In questa necropoli cristiana, considerata una delle maggiori, furono tra gli altri sepolti san Lorenzo (258) e in seguito alcuni papi vissuti nel V secolo: Zosimo, Sisto III e Ilario.
Il Verano, il cui nome deriva probabilmente dalla famiglia romana dei Verani, antichi proprietari del fondo, deve la sua nascita all’occupazione francese di Roma (1808-1814). Con l’ordinanza del 19 luglio 1809, la Consulta Straordinaria per gli Stati romani impose per ragioni igieniche il seppellimento dei cadaveri fuori dei centri abitati, cercando così di porre fine alla pratica secolare di seppellire i morti nei cimiteri degli ospedali, delle confraternite e delle chiese.
Sebbene l’individuazione dell’area fosse stata immediata, soltanto con la Restaurazione prese corpo l’idea di un assetto organico del Verano, con la costruzione del primo consistente nucleo di tombe, di una modesta cappella in legno e del muro di cinta. Il problema di una definitiva sistemazione fu affrontato in maniera risolutiva con l’elezione di Pio IX (1846-1878) il quale, a seguito di un’epidemia, nel 1847 nominò il Comune di Roma ente organizzatore del nuovo cimitero e qualche anno più tardi affidò la direzione dei lavori all’architetto Virginio Vespignani. I suoi interventi consistettero essenzialmente nella progettazione e nella realizzazione del Quadriportico, con l’annessa chiesa di Santa Maria della Misericordia, e nella sistemazione del Pincetto.
Dopo aver percorso il viale d’ingresso si giunge al Quadriportico, fulcro della parte monumentale più antica; è uno spazio rettangolare suddiviso in quattro riquadri e cinto da un vasto porticato costituito da una serie di campate con volte a crociera, sorrette esternamente da colonne doriche in travertino. Nel suo complesso questa struttura risente della sua fonte principale di ispirazione, l’architettura classica e rinascimentale, visibile nella ripetizione modulare, nella chiara simmetria e nell’armonia delle proporzioni. Allo stesso tempo l’uso del porticato è un evidente richiamo all’architettura paleocristiana, soprattutto all’atrio e al chiostro delle antiche basiliche.
Le arcate sono occupate da monumenti funebri ricchi di opere scultoree e decorative che ben rappresentano, come anche il ciclo di dipinti murali nelle lunette, l’arte accademica di secondo Ottocento, probabilmente per influenza di Virginio Vespignani. L’architetto infatti, professore e poi presidente dell’Accademia di San Luca, ottenne anche l’incarico, nel 1862, di supervisionare tutti i manufatti eseguiti per il Verano.
Vespignani fu allievo di Luigi Poletti e collaborò con il suo maestro per la ricostruzione della Basilica di San Paolo fuori le mura, progettando il portico in facciata (1882). La maggior parte della sua attività si svolse sotto il pontificato di Pio IX, che lo scelse come braccio esecutivo della sua campagna di rinnovamento dell’immagine della chiesa, affidandogli anche alcuni dei restauri più importanti da lui promossi.
Su commissione di papa Pio IX, progettò e realizzò numerosi interventi per il restauro di chiese romane. Nella chiesa di San Carlo ai Catinari diresse gli interventi sull’interno (1857-61), così come per S. Croce e S. Bonaventura dei Lucchesi (1859-63) e San Marcello al Corso (1861-67), dove con un restauro purista operò il rifacimento dell’altare maggiore e delle decorazioni dell’abside e l’eliminazione di molte delle decorazioni inserite in epoche diverse. Sempre su incarico di Pio IX, costruì la Confessione di Santa Maria Maggiore (1862-64) e guidò il restauro stilistico di Santa Maria in Trastevere (1866-77). Nella chiesa di San Lorenzo in Damaso (1868-82), seguendo nuovamente i dettami del restauro stilistico, impose il freddo ripristino della chiesa rinascimentale cancellando sia gli interventi seicenteschi di Gian Lorenzo Bernini, sia quelli più sostanziali dell’inizio dell’Ottocento di Valadier.
Fra le sue opere non legate ad interventi di restauro sono da segnalare la Chiesa della Madonna dell’Archetto nei pressi di piazza SS Apostoli (1851), caratterizzata da una buona armonia delle proporzioni e da una ricca decorazione, il Baldacchino e la Confessione di San Pietro in Vincoli (1876) e l’edificio di raccordo fra la basilica e il battistero di San Giovanni in Laterano, realizzato con il figlio Francesco nel 1884. Fuori Roma, l’architetto fu attivo soprattutto a Viterbo, dove progettò il Teatro dell’Unione (1844-55) e il neoclassico Caffè Schenardi al Corso (1818) e ad Orvieto, dove lavorò, per esempio, al Palazzo dell’Opera del Duomo (1857).
Virginio Vespignani, architetto (Roma 12 febbraio 1808 – 4 dicembre 1882)
L’area che corrisponde attualmente al cimitero del Verano è adibita a luogo di sepoltura da almeno venti secoli, come testimonia l’esistenza delle antiche catacombe di Santa Ciriaca. In questa necropoli cristiana, considerata una delle maggiori, furono tra gli altri sepolti san Lorenzo (258) e in seguito alcuni papi vissuti nel V secolo: Zosimo, Sisto III e Ilario.
Il Verano, il cui nome deriva probabilmente dalla famiglia romana dei Verani, antichi proprietari del fondo, deve la sua nascita all’occupazione francese di Roma (1808-1814). Con l’ordinanza del 19 luglio 1809, la Consulta Straordinaria per gli Stati romani impose per ragioni igieniche il seppellimento dei cadaveri fuori dei centri abitati, cercando così di porre fine alla pratica secolare di seppellire i morti nei cimiteri degli ospedali, delle confraternite e delle chiese.
Sebbene l’individuazione dell’area fosse stata immediata, soltanto con la Restaurazione prese corpo l’idea di un assetto organico del Verano, con la costruzione del primo consistente nucleo di tombe, di una modesta cappella in legno e del muro di cinta. Il problema di una definitiva sistemazione fu affrontato in maniera risolutiva con l’elezione di Pio IX (1846-1878) il quale, a seguito di un’epidemia, nel 1847 nominò il Comune di Roma ente organizzatore del nuovo cimitero e qualche anno più tardi affidò la direzione dei lavori all’architetto Virginio Vespignani. I suoi interventi consistettero essenzialmente nella progettazione e nella realizzazione del Quadriportico, con l’annessa chiesa di Santa Maria della Misericordia, e nella sistemazione del Pincetto.
Dopo aver percorso il viale d’ingresso si giunge al Quadriportico, fulcro della parte monumentale più antica; è uno spazio rettangolare suddiviso in quattro riquadri e cinto da un vasto porticato costituito da una serie di campate con volte a crociera, sorrette esternamente da colonne doriche in travertino. Nel suo complesso questa struttura risente della sua fonte principale di ispirazione, l’architettura classica e rinascimentale, visibile nella ripetizione modulare, nella chiara simmetria e nell’armonia delle proporzioni. Allo stesso tempo l’uso del porticato è un evidente richiamo all’architettura paleocristiana, soprattutto all’atrio e al chiostro delle antiche basiliche.
Le arcate sono occupate da monumenti funebri ricchi di opere scultoree e decorative che ben rappresentano, come anche il ciclo di dipinti murali nelle lunette, l’arte accademica di secondo Ottocento, probabilmente per influenza di Virginio Vespignani. L’architetto infatti, professore e poi presidente dell’Accademia di San Luca, ottenne anche l’incarico, nel 1862, di supervisionare tutti i manufatti eseguiti per il Verano.
Vespignani fu allievo di Luigi Poletti e collaborò con il suo maestro per la ricostruzione della Basilica di San Paolo fuori le mura, progettando il portico in facciata (1882). La maggior parte della sua attività si svolse sotto il pontificato di Pio IX, che lo scelse come braccio esecutivo della sua campagna di rinnovamento dell’immagine della chiesa, affidandogli anche alcuni dei restauri più importanti da lui promossi.
Su commissione di papa Pio IX, progettò e realizzò numerosi interventi per il restauro di chiese romane. Nella chiesa di San Carlo ai Catinari diresse gli interventi sull’interno (1857-61), così come per S. Croce e S. Bonaventura dei Lucchesi (1859-63) e San Marcello al Corso (1861-67), dove con un restauro purista operò il rifacimento dell’altare maggiore e delle decorazioni dell’abside e l’eliminazione di molte delle decorazioni inserite in epoche diverse. Sempre su incarico di Pio IX, costruì la Confessione di Santa Maria Maggiore (1862-64) e guidò il restauro stilistico di Santa Maria in Trastevere (1866-77). Nella chiesa di San Lorenzo in Damaso (1868-82), seguendo nuovamente i dettami del restauro stilistico, impose il freddo ripristino della chiesa rinascimentale cancellando sia gli interventi seicenteschi di Gian Lorenzo Bernini, sia quelli più sostanziali dell’inizio dell’Ottocento di Valadier.
Fra le sue opere non legate ad interventi di restauro sono da segnalare la Chiesa della Madonna dell’Archetto nei pressi di piazza SS Apostoli (1851), caratterizzata da una buona armonia delle proporzioni e da una ricca decorazione, il Baldacchino e la Confessione di San Pietro in Vincoli (1876) e l’edificio di raccordo fra la basilica e il battistero di San Giovanni in Laterano, realizzato con il figlio Francesco nel 1884. Fuori Roma, l’architetto fu attivo soprattutto a Viterbo, dove progettò il Teatro dell’Unione (1844-55) e il neoclassico Caffè Schenardi al Corso (1818) e ad Orvieto, dove lavorò, per esempio, al Palazzo dell’Opera del Duomo (1857).
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