Cappella Odescalchi

Cappella Odescalchi

Baldassarre Ladislao Odescalchi, collezionista, mecenate e politico (Roma 24 giugno 1844 - Civitavecchia 5 settembre 1909)

Rupe Caracciolo, prima terrazza


Il principe Baldassarre Odescalchi mostrò, fin dalla gioventù, un’inclinazione politica liberale e non nascose la propria avversione per il dominio temporale pontificio: per tale motivo, nel 1867, abbandonò Roma e la famiglia e si recò esule a Firenze, dove il 29 gennaio 1869 venne nominato addetto onorario di legazione al ministero degli Affari esteri a Vienna. Rientrò a Roma, poco prima della breccia di Porta Pia e fece parte della deputazione incaricata di recare a Firenze, presso re Vittorio Emanuele, le urne del plebiscito del 2 ottobre della provincia romana. Successivamente venne eletto deputato di centro-sinistra per il collegio di Civitavecchia (1880-86) e senatore dal 1896.
Odescalchi fu uno fra i più illuminati e attivi rappresentanti di quell’ala della nobiltà romana che si identificava con lo Stato nazionale liberale.
Egli si adoperò tra l’altro per la modernizzazione delle professioni artistiche e artigianali, progettando e fondando il Regio Museo Artistico Industriale di Roma.
Costretto ad abbandonare Roma per le sue idee liberali, Odescalchi ebbe modo di conoscere le più importanti tra quelle istituzioni europee che dalla metà dell’Ottocento erano sorte per contrastare la perdita di qualità estetica dei manufatti, causata dalla sostituzione degli interventi manuali con i procedimenti meccanizzati dell’industria. Complice il precoce sviluppo industriale inglese, il South Kensington Museum di Londra divenne modello di riferimento per i nascenti musei d’arte applicata all’industria. Ad esso si ispirò anche Odescalchi per progettare il Regio Museo Artistico Industriale di Roma - forte anche della conoscenza di analoghe esperienze italiane - e ne mutuò la formula di collezione di oggetti d’arte ornamentale, comprendendo sia originali sia riproduzioni (calchi, fotografie, ecc.) in funzione del loro ruolo di exempla per lo studio e la formazione degli artigiani. Sollecitò i collezionisti a incrementare la dotazione del Museo attraverso depositi e donazioni, che lui stesso inaugurò. Le officine e i corsi orientati sia alle tecnologie artistiche sia alla progettazione, procurarono al M.A.I. un iniziale successo, imponendolo come punto di riferimento nazionale. Tuttavia a minarne la crescita e alla fine la stessa esistenza furono cause strutturali riconducibili alla specificità della situazione italiana e romana in particolare. Da un lato infatti risultò impossibile creare una struttura nazionale e centralizzata – che avrebbe potuto disporre di ben altri fondi – per la presenza di analoghi e floridi istituti territoriali, radicati in aree spiccatamente industriali (Museo Industriale di Torino) o eredi di una secolare specializzazione artigiana (Museo Vetrario di Murano). Dall’altro mancò un tessuto produttivo locale, sufficientemente sviluppato, in grado di dialogare con l’istituto e di assorbirne gli operatori.

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