Cappella Borrelli

Cappella Borrelli

Giovanni Battista Giovenale, architetto (Roma 11 novembre 1849 – 23 settembre 1934)
Altopiano Pincetto, tra i riquadri 59 e 60

Cappella Borrelli (Giovanni Battista Giovenale)

La Cappella Borrelli è un piccolo edificio a pianta centrale in laterizi e travertino. L’alto tamburo da cui nasce la cupola ha una pianta ottagonale. Sui lati dell’ottagono si trovano delle ampie aperture circolari con cornice, mentre in corrispondenza dei vertici del poligono è scolpito un piccolo motivo decorativo, a cui sono affiancate due lesene che determinano l’origine dei costoloni della cupola. Questa presenta una decorazione a scaglie. Il protiro di ingresso è formato da colonnine binate impostate su un alto basamento che sostengono un arco a tutto sesto, sormontato da una cornice e da un timpano triangolare. Sopra il portale, la lunetta semicircolare ospita un bassorilievo scolpito. La facciata principale dell’edificio e quella posteriore presentano lo spigolo smussato in diagonale, cui si accostano delle specchiature rettangolari, sempre in laterizi, in corrispondenza dell’ingresso. Le facciate laterali presentano, invece, sugli spigoli, delle lesene decorative in travertino impostate alla stessa altezza dell’arco del protiro di ingresso. Una cornice piuttosto alta in travertino, alla sommità delle pareti, evidenzia l’andamento spezzato del perimetro dell’edificio.
L’architetto Giovanni Battista Giovenale, autore della cappella e responsabile, al Verano, anche del progetto della Cappella Donati Sacconi, innesta motivi cinquecenteschi, come la cupola di ispirazione michelangiolesca, su una struttura rinascimentale di chiari rapporti proporzionali, severamente impostata alla maniera di Brunelleschi, sovrapponendo, infine, elementi decorativi simbolicamente legati all’architettura funeraria, come i gufi scolpiti negli acroteri e la decorazione ondulata tipica dei sarcofagi paleocristiani riportata nella cornice del timpano del protiro di ingresso.


Lo stile di Giovenale appare improntato, generalmente, alla riscoperta delle tradizioni architettoniche del passato, come tipico del periodo storico in cui l’architetto si trovò ad operare. Egli fu tra i primi, però, a cercare fonti di ispirazione anche nell’architettura del Seicento, seppure filtrata alla maniera “povera” del barocchetto romano di fine Ottocento, dove muratura e stucco sostituivano per necessità economiche i laterizi e i marmi, per esempio, nel Villino Folchi della tenuta di Villa Ludovisi, realizzato dall’architetto nel 1886-87, dove rese omaggio all’architettura del primo Seicento, o nella eclettica Villa Boncompagni Ludovisi (1901-03). Con una ispirazione bizantineggiante, invece, lo stesso architetto aveva realizzato la cripta di Santa Cecilia a Trastevere (1899-1901), modificando strutture preesistenti.
Giovenale ricoprì varie cariche importanti, fra cui quella di Ministro dei Lavori Pubblici (1867), di presidente dell’Accademia di San Luca (1911-12), e di Architetto della Fabbrica di San Pietro, in tarda età. Soprattutto, però, fu presidente della Associazione artistica fra i Cultori di architettura, fondata a Roma nel 1890 con lo scopo di sorvegliare i progetti di trasformazione della Capitale, a tutela delle ragioni estetiche e archeologiche. Tale associazione si adoperò, per esempio, per la tutela dell’Isola Tiberina e per la ricostruzione del Palazzetto di Venezia e del porto di Ripetta in altro luogo. Si interessò anche di stilare un inventario dei monumenti di Roma, da consegnare all’amministrazione perché ne tenesse conto nella stesura dei regolamenti edilizi e per eventuali modifiche ai piani regolatori. Della commissione fece parte anche Camillo Boito, che si occupò, insieme a Giovenale, della creazione di un sistema di analisi degli edifici che si basasse non solo sullo studio dei documenti, ma anche su una accurata osservazione delle murature, di materiali e tecnica di esecuzione, in una sorta di stratigrafia verticale paragonabile a quella orizzontale utilizzata dagli archeologi.
Architetto, storico dell’architettura e restauratore, Giovenale è anche legato al restauro della chiesa di S. Maria in Cosmedin (1896-99), condotto con grande rigore filologico. La fase progettuale (il progetto fu premiato all'Esposizione di architettura di Torino del 1893) costituì il manifesto del cosiddetto "restauro scientifico", secondo il quale l'indicazione metodologica di intervento doveva essere dedotta in maniera univoca dall'analisi della formazione del monumento, e attuata rendendo i rifacimenti e le eventuali aggiunte individuabili in ogni tempo. Da tali premesse scaturì, del tutto in antitesi con la raffinata tradizione romana di Giuseppe Valadier e di Raffaele Stern, la scelta di abbattere la facciata settecentesca della chiesa, eseguita da Giuseppe Sardi per il cardinale Annibale Albani, in favore del ripristino della facies del XII secolo: decisione ritenuta oggi oltremodo drastica.
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