Cappella Antonio Di Rudinì

Cappella Antonio Di Rudinì

Ernesto Basile , architetto (Palermo 31 gennaio 1857 – 26 agosto 1932)
Altopiano Pincetto, riquadro 58

Cappella Di Rudinì (Ernesto Basile)

La cappella fu costruita per il patriota e politico Antonio Starrabba, marchese di Rudinì (Palermo 1839 - Roma 1908), che dai moti antiborbonici passò a ruoli di primo piano nell’Italia unita tra i banchi parlamentari della destra: prima sindaco e poi prefetto di Palermo, successivamente ministro degli interni e infine primo ministro nel 1891 e nel 1896. Il suo monumento sepolcrale in travertino e laterizi, dall’insolito sviluppo verticale, rivela le forzature anticlassiche del liberty e lo stile del suo interprete, conterraneo del defunto: Ernesto Basile.

Studiò all'università di Palermo sotto la guida del padre, professore di architettura, del quale divenne assistente dopo la laurea, conseguita nel 1878. Si dedicò quindi allo studio e al rilievo dei monumenti architettonici siciliani, in particolare di epoca normanna e rinascimentale, aiutando il padre nella compilazione del volume sulla Curvatura delle linee dell'architettura antica (Palermo 1884).
Nel 1881 partecipò con il padre al concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II in Roma. Nel 1884 partecipò al concorso per palazzo di Giustizia di Roma, con un progetto che adottava una maniera quattrocentesca toscana, poi, nel 1885, disegnò il Monumento ossario di Calatafimi, adottando forme scontatamente classiciste. Nel 1890 ottenne la cattedra che era stata del padre e che conservò sino alla morte; nel 1897 venne inoltre nominato direttore della Reale Accademia di Belle Arti di Palermo.
Nel 1891 venne chiamato a disegnare gli edifici per l'Esposizione nazionale di Palermo: il suo eclettismo manieristico, in grado di passare da forme rinascimentali a normanne, ottenne subito un enorme successo, spiegabile con la perfetta aderenza del suo linguaggio all'ambiente sociale e culturale della Sicilia fine secolo. Dopo aver completato e allestito il Teatro Massimo di Palermo, opera del padre, costruì nel 1898 le ville Paternò e Igea a Palermo, che segnano un'importante svolta nelle sue esperienze: all'ispirazione ancora arabo-normanna e rinascimentale si unisce infatti una rigorosa semplificazione formale e una libertà volumetrica del tutto nuove, all'interno di una reinterpretazione personale dello stile floreale, confermate nelle opere successive (padiglione per l'Esposizione agraria siciliana (1901), villini Monroy (1903), Basile (1904) in Palermo.
Il problema di Basile fu dunque quello di inserire il linguaggio liberty, che aveva i suoi fondamenti e la sua storia legati a istanze rinnovatrici che prendono le mosse dal movimento delle Arts and Crafts di William Morris, all'interno di una società che ne aveva ignorato premesse e sviluppi: la singolare "contaminatio" di elementi decorativi floreali e del '400 siciliano si spiega quindi col tentativo di ritrovare una giustificazione al nuovo linguaggio in una tradizione storica e regionale ancor più che nazionale.
In tal modo si definisce la tipica "maniera" basiliana delle opere migliori (a quelle citate si aggiungano l'arredamento del caffè Faraglia in Roma, 1901 e la villa Deliella a Palermo, 1909), nelle quali al purismo geometrico delle superfici e dei volumi si contrappone il florealismo dei partiti decorativi in una felice e misurata dialettica, che si richiama più ai modi di un Wagner o di un Hoffmann che a quelli di un Horta.
Basile mantiene però una singolare ambiguità architettonica, specie negli edifici rappresentativi e monumentali, nei quali la struttura conserva un lessico classicheggiante cui si sovrappongono, senza fondervisi, i particolari di gusto liberty. Tipico a tal riguardo il palazzo di Montecitorio in Roma (1904-14) dove il linguaggio floreale non venne integralmente adottato, bensì messo al servizio di una classicità d'impianto, appropriata ai compiti celebrativi.
La sua opera posteriore è caratterizzata da queste due maniere contraddittorie che, sovrapponendosi continuamente, ne svelano in definitiva una sostanziale ambiguità di fondo e una progressiva perdita di capacità espressiva. Di questa fase si ricorda tra l’altro la Cassa di Risparmio di Palermo (1908-13), la villa dei principi Manganelli a Catania (1909-14), il palazzo delle Assicurazioni generali di Venezia a Palermo (1911), il municipio di Reggio Calabria (1911), la Cassa di Risparmio di Messina (1926-29), l'esedra intorno al monumento della Libertà (già da lui costruito nel 1911) a Palermo (1927), fino allo stanco e ormai antiquato eclettismo della chiesa di S. Rosalia in Palermo, iniziata nel 1928 e non ancora terminata nel 1932, anno della sua morte.


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