Ubaldo Arata

Ubaldo Arata

Direttore della fotografia, operatore cinematografico. (Ovada, 23 marzo 1895 – Roma, 7 dicembre1947)

Vecchio Reparto, riquadro 13, loculo speciale esterno 5, fila 2, Gruppo 2, piano superiore

Operò nel periodo che va dagli anni del muto fino all'immediato dopoguerra, concorrendo alla nascita del cinema sonoro italiano. Il suo nome resta legato alle immagini di Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, girato in condizioni assai precarie, utilizzando energia elettrica rubata e rulli di pellicola fotografica recuperati in maniera avventurosa,
Negli anni del muto fu operatore per le più importanti case cinematografiche torinesi, ma collaborò soprattutto con il regista Mario Almirante. Nella seconda metà degli anni Venti, il periodo più duro della crisi produttiva italiana, non rimase mai disoccupato, ma girò alcuni film anche in Germania, collaborando per Manolescu (1929) di Viktor Tourjansky con Carl Hoffman, operatore di Fritz Lang e Friedrich W. Murnau. Il produttore Stefano Pittaluga lo volle con sé a Roma nei teatri della rinata Cines, dove gli operatori della scuola piemontese sbarcarono in forze. Qui girò, insieme a Massimo Terzano, La canzone dell'amore (1930), diretto da Righelli e considerato il primo film sonoro italiano, pur essendo stato realizzato dopo Resurrectio (1931) di Alessandro Blasetti, girato prima ma distribuito più tardi. Negli anni della rinascita fu uno dei più attivi operatori italiani. Con Camerini realizzò i film fotograficamente più coraggiosi dei primi anni Trenta. A metà degli anni Trenta, ormai perfettamente padrone della tecnica, sperimentò uno sguardo più realistico, fotografando il mélo Aldebaran (1935) di Blasetti e il film bellico Luciano Serra pilota (1938) di Goffredo Alessandrini. Nello stesso periodo, insieme ad Anchise Brizzi, firmò la fotografia del più impegnativo kolossal del periodo fascista, Scipione l'Africano (1937), diretto da Carmine Gallone. Dopo l'8 settembre non seguì il cinema fascista al Nord e rimase inattivo fino al 1945, quando ‒ insieme agli altri operatori rimasti a Roma ‒ girò le immagini della fuga dei nazisti e dell'arrivo delle truppe americane; poco dopo venne coinvolto da Rossellini nel progetto di Roma città aperta. Nello stesso anno fotografò in maniera ben più convincente un mélo neorealista di Mario Mattoli, La vita ricomincia. Ma la partecipazione di Arata alla rinascita del cinema italiano fu di breve durata. L'operatore piemontese morì infatti alla fine del 1947.
Bibliografia: S. Masi, ad vocem, in Enciclopedia del Cinema, 2003

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