Zona Ampliamento, Gruppo 1º Monumentale, tomba a terra n.54
Si laurea in legge e poi frequenta l'Accademia di arte drammatica. Il suo esordio nel cinema si deve ad un piccolo ruolo nel film di Gambino Torna a Napoli ('49). La sua carriera procede senza particolari acuti per alcuni anni nei quali si specializza nel ruolo del popolano provinciale timido e imbranato. Non esce fuori da questo stereotipo anche se diretto da registi del calibro di Steno in Guardie, ladro e cameriera ('58), Dino Risi nel film Venezia, la luna e tu ('58) e Nanni Loy ne L'audace colpo dei soliti ignoti ('59). Appare come l'interprete ideale del contadino semplice, onesto ma testardo, alle prese con la frenetica e immorale vita cittadina nell'Italia del boom economico. A partire da L'impiegato ('59) di Puccini, le sue performance si connotano per una serie di sfumature caratteriali che vanno dalla malinconia all'amarezza, perfette da contrapporre ai “mostri” spavaldi e millantatori interpretati da Sordi, Tognazzi e Gassman. Diretto da Lizzani in Carabiniere a cavallo ('61) viene calato nella drammatica ricerca dell'animale rubato dagli zingari rendendo perfettamente lo spaesamento del protagonista di fronte al cinismo che incontra nella grande città; in fondo non siamo così distanti dal padre derubato del suo strumento di lavoro nell'Italia del dopoguerra in Ladri di biciclette ('48). La sua schiera di personaggi si arricchisce con la figura dell'assicuratore scambiato per un ispettore fascista in Anni ruggenti ('62) di Zampa; del giovane soldato che in treno seduce una vedova muta in Avventura di un soldato, suo esordio alla regia nell'episodio tratto da un racconto di Calvino ne L'amore difficile ('62).
In questi anni Manfredi mette in luce le sue eccezionali qualità attoriali adottando la tecnica delle pause, invece di caricare in modo iperbolico i personaggi, sfronda e leviga, facendo emergere l'amarezza invece che l'aggressività, avvicinandosi al suo maestro ideale, Eduardo.
Dimostra la sua versatilità nei due film di Pietrangeli, La parmigiana ('63) e Io la conoscevo bene ('65). La sua galleria di personaggi si espande ancora con l'ambiguo fotografo in Girolimoni, il mostro di Roma ('72) di Damiani; l'immigrato represso che poi esplode nell'orgoglio patriottico in Pane e cioccolata ('74) di Brusati; l'infermiere dolce e idealista in C'eravamo tanto amati ('74) e l'osceno e ripugnante padre-padrone in Brutti, sporchi e cattivi ('76), entrambi di Scola.
Con Luigi Magni comincia una stretta collaborazione che lo vede protagonista in alcuni film in costume ambientati nella Roma papalina e popolaresca: Nell'anno del Signore ('69), In nome del papa re ('77) e In nome del popolo sovrano ('90).
Manfredi dirige anche due lungometraggi: Per grazia ricevuta ('71) premiato a Cannes, e Nudo di donna ('81). Indimenticabile resta il suo Geppetto nel Pinocchio ('72) televisivo di Comencini. Negli anni '80 riduce drasticamente la sua attività cinematografica passando sempre più spesso al mezzo televisivo sia come presentatore e attore che come popolarissimo testimonial pubblicitario.