Vecchio Reparto, Riquadro 34, fila 1, loculo n.75
Figlio di un pittore, durante la Seconda Guerra Mondiale fu chiamato alle armi come ufficiale in Sicilia; fatto prigioniero dagli americani, venne portato in Marocco, dove rimase tre anni. Nel 1945, tornato a Roma, abbandonò gli studi in pedagogia e si iscrisse all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, frequentando solo il primo anno. Lavoro in teatro (dove si ricordano almeno l'interpretazione di Fra Timoteo nella Mandragola di Machiavelli, il Chicchignola di Petrolini) ha affiancato una discreta attività cinematografica (in cui ha debuttato nel 1954 in Tempi nostri di Blasetti e interpretato in seguito film di Lattuada, Petri, Bolognini) e televisiva (in cui ha portato il suo sicuro senso scenico e la finezza e modernità delle sue doti di interprete ottenendo notevole consenso soprattutto negli spettacoli di prosa). Fu una artista fantasioso e versatile e nel 1961 costituì con Franco Enriquez, Valeria Moriconi e Glauco Mauri la Compagnia dei Quattro. Tra i ruoli da lui affrontati nei grandi sceneggiati sono da ricordare Il Dottore nel Pinocchio di Comencini. Seppe alternare ottime interpretazioni cinematografiche in ruoli comici e drammatici, arricchiti dalla sua inconfondibile maschera teatrale: tra queste interpretazioni si ricorda la partecipazione al film noir del 1974 Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli. Fu in più occasioni anche conduttore di programmi radiofonici d'intrattenimento: nel 1979, con Franco Rispoli e Ludovica Modugno, fu ai microfoni di Vieni avanti cretino, mentre nel 1989-1990 condusse la rubrica Vi racconto una commedia all'interno del programma Le ore della sera. Scaccia era stato sulle scene fino all'ultimo. L'attore aveva recitato prima di Natale 2010 al Teatro Arcobaleno di Roma, alla vigilia del suo novantunesimo compleanno, per Interpretando la mia vita, uno spettacolo in cui aveva raccontato il suo percorso artistico durato più o meno settant'anni. In una intervista a Recensito (Quotidiano di Cultura e Spettacolo) alla domanda dell’intervistatrice, cos’è il Teatro per Mario Scaccia risponde: “E’ una liberazione. Ognuno di noi ha qualcosa che riempie il proprio spirito. Per me il teatro è un’esigenza di vita; mi sento qualcuno solo nella mia dimensione d’attore. Io non ho avuto giovinezza: a venti anni sono partito militare e sono stato cinque anni tra la vita e la morte, con la guerra, la prigionia, la fame. Ma ho sempre recitato, fin da bambino; da militare mettevo in scena degli spettacoli per i malati, negli ospedali. Tornato dalla guerra, a venticinque anni, mi sono presentato all’Accademia D’arte Drammatica, e senza fare il provino, sono stato ammesso. Nel saggio del primo anno mi vide Nino Besozzi e mi prese nella sua compagnia. Il teatro mi aveva tenuto in vita e continuò a farlo.”