Emma Carelli

Emma Carelli

Cantante lirica, imprenditrice (Napoli, 12 maggio 1877 – Montefiascone, 17 agosto 1928)

Vecchio Reparto, riquadro 16, tomba n. 32

Emma Carelli  fu soprano drammatico, specializzata nel repertorio verista. Formatasi con il padre Beniamino Carelli, professore di canto e autore di musica vocale, e presso il Conservatorio di San Pietro a Maiella, esordì nel 1895 e si affermò rapidamente cantando al nei Capuleti e Montecchi di Bellini (Teatro del Fondo di Napoli), ne La Falena di A.Smareglia (Venezia, Teatro Rossini, 1897) e ne La Manon di Massenet (Teatro Mercadante di Altamura, 1898). Nel 1899 interpretò a Mantova Fedora di Umberto Giordano, riportando un clamoroso successo. Nello stesso anno veniva finalmente scritturata per un grande teatro, il Costanzi di Roma, dove ebbe il vero battesimo artistico, partecipando alla prima esecuzione di Colonia libera di P. Floridia (7 settembre), con cui si impose definitivamente al pubblico e alla critica. Il 26 dicembre 1899 avvenne l'atteso debutto alla Scala di Milano nell'Otello di Verdi, diretto da A. Toscanini e con F. Tamagno, ricevendo uno straordinario consenso. Fu comunque con la prima esecuzione italiana di Eugenio Oneghin di P. I. Cajkovskij che ella rivelò un prepotente temperamento drammatico.
Nel maggio dello stesso anno ottenne la prima scrittura transoceanica, che la portò sulle scene del teatro dell'Opera di Buenos Aires, ove, accanto a Caruso, interpretò Mefistofele, Iris, Cavalleria rusticana, Tosca e Manon di Massenet; le accoglienze entusiastiche le procurarono scritture per Rio de Janeiro e Rosario di Santa Fé. I consensi riportati, e soprattutto la calda partecipazione del pubblico, la indussero poi a tornare in Sud America per tutto l'arco della sua carriera, con i più grandi nomi della lirica italiana. Frattanto nel 1901, rientrata in Italia, tornò alla Scala per una memorabile Bohème di G. Puccini, diretta da Toscanini, sempre con Caruso. Nella primavera dello stesso anno fu al Politeama di Genova e portò al successo Zazà di R. Leoncavallo, destando un entusiasmo straordinario anche per le sue qualità d'attrice. Nel decennio successivo la sua attività fu febbrile, e alle stagioni nell'America Latina alternò fortunate tournées nei maggiori teatri europei. Nel frattempo gravi difficoltà insorsero per lei in Italia a causa dell'attività politica del marito - Walter Mocchi, uomo politico di estrema sinistra - e quando questi nel 1904 fu tra gli organizzatori dello sciopero generale, essa venne esplicitamente invitata dalla direzione del Lirico di Milano a rescindere il contratto; subito dopo fu la volta del S. Carlo di Napoli, che le revocò una scrittura. In questa occasione Matilde Serao insorse in sua difesa. Dopo un tentativo di suicidio, si riebbe presto e fu sostenuta dal marito, che abbandonata l’attività politica, divenne suo agente. Tra il 1907 e il 1908 si esibì a Lisbona, Marsiglia, Bucarest, Parigi (dove incise alcuni dischi) e Barcellona. Tornò poi sulle scene del S. Carlo di Napoli per Gloria di F. Cilea, quindi nel 1910 al Costanzi di Roma per la prima di Mese Mariano di Umberto Giordano, diretto da Pietro Mascagni. Nel 1911 in occasione del cinquantenario dell'Unità d'Italia venne organizzata una stagione teatrale straordinaria al Costanzi di Roma ed Emma Carelli, che riuscì a ottenere la concessione del teatro per nove anni, ne assunse la gestione, organizzando nel 1912 la sua prima stagione e apparendo anche come cantante nella prima esecuzione dell'Elettra di R. Strauss, con cui concluse praticamente la sua carriera d'interprete. Da questo momento, fatta eccezione per alcune recite straordinarie di opere di Mascagni a Buenos Aires (Cavalleria rusticana) nel 1913 e a Roma (Iris e Cavalleria) nel 1914, si dedicò completamente al "suo" teatro allestendo stagioni che rimasero esemplari, e non soltanto nella storia del teatro romano. L'intelligenza, l'intuito e il coraggio con cui intraprese la nuova attività di impresaria le permisero di porsi su un piano concorrenziale con gli altri teatri della penisola, in particolar modo con la Scala; la sua abilità, oltre che nell'alto livello degli spettacoli, si rivelò nella scelta degli artisti e nella sorprendente serie di novità presentate spesso in prima esecuzione italiana, come il Parsifal diretto da G. Marinuzzi (1º gennaio 1914), Lodoletta (30 aprile 1917) e Il Piccolo Marat (2 maggio 1921) di Mascagni, Il Trittico pucciniano (11 gennaio 1919) con B. Gigli e G. Dalla Rizza, nonché i balletti russi di Djagilev. In quegli anni passeranno per il Costanzi i nomi più grandi del teatro lirico internazionale, dai cantanti A. Pertile, T. Schipa, M. Battistini, H. De Hidalgo, B. De Muro, R. Stracciari, N. De Angelis, C. Galeffi, M. Stabile, G. Besanzoni, ai direttori, tra cui O. Klemperer, V. Gui, G. Marinuzzi, E. Vitale, L. Mancinelli. L'ultima stagione si chiuse con una memorabile rappresentazione della Turandot di Puccini diretta dal Vitale, due giorni dopo la prima scaligera (29 aprile 1926), in una edizione a lungo rimasta insuperata. Nel luglio 1926 il Costanzi veniva venduto al governatorato di Roma e la Carelli, costretta ad andarsene, ne ebbe un colpo gravissimo. Il 17 agosto 1928, ritornando a Roma da Siena, morì in un incidente automobilistico.
Interprete tra le più acclamate del suo tempo, rivelò nel corso della sua relativamente breve carriera un temperamento versatile che le consentì di affrontare un repertorio vastissimo. La sua natura passionale ed esuberante, dopo le prime esperienze nell'ambito del melodramma ottocentesco, la spinse verso il dramma verista, cui approdò quasi subito trovando in esso il suo elemento più congeniale. Alla sua voce "lirica" vibrante e suggestiva, ma piuttosto limitata nel settore acuto, faceva contrasto un temperamento drammatico fortemente caratterizzato che le consentiva di imporsi anche su artiste vocalmente più dotate.


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