Cimitero Ebraico

Cimitero Ebraico

Per l'ebraismo italiano non solo la sinagoga ma anche il cimitero rappresenta uno spazio identitario molto forte, e a partire dalla seconda metà del XIX secolo, con il raggiungimento dei diritti civili e religiosi, una nuova forma di “visibilità” in continuo dialogo tra questioni normativo-religiose, legate alla tradizione, e scelte stilistico-formali.

Per ciò che riguarda la storia degli spazi di sepoltura ebraici a Bologna, nel corso dei secoli gli studiosi parlano di antichi cimiteri, il più importante dei quali sarebbe stato quello cinquecentesco dell'attuale via Orfeo presso un convento di monache.

L'attuale campo ebraico copre una vasta area di circa 7.000 mq divisa in tre campi: la sezione più antica con circa 384 tombe e la camera mortuaria.

Per ciò che riguarda il progetto dei sepolcri, l’eclettica commistione di stili, soprattutto legata alle iconografie orientaliste, che fra la seconda metà dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento contraddistinguono l'architettura delle sinagoghe, prevedeva una non banale trasposizione nell'architettura funeraria individuale.

Per questo motivo i progetti dei monumenti sepolcrali delle famigli ebraiche più facoltose tendono spesso a seguire una “declinazione israelitica” dell’eclettismo architettonico caratteristico del periodo. Ci si richiama spesso al Tempio di Salomone, adottando un carattere fra l’assiro-babilonese e l’egizio, oppure allo stile del secondo Tempio, che oltre ai due stili precedenti presentava anche caratteristiche dell’arte greca.
Ben presto anche nel cimitero ebraico bolognese alle tradizionali semplici steli si affiancarono veri e propri “monumenti” che produssero, oltre che una trasformazione iconografica, una nuova concezione generale dello spazio.

Vanno ricordate in proposito la tomba Liberty realizzata nel 1911 dallo scultore Silverio Montaguti per la famiglia Zamorani, le cappelle “orientali” delle famiglie Padovani (1872), Zabban (1924) e Del Vecchio (1929), il grande recinto con cappella realizzato negli anni Trenta per la famiglia dell’ingegnere Attilio Muggia e l’edicola Finzi, pregevole esempio di architettura modernista progettata nel 1938 dall’architetto Enrico De Angeli.

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